TRIBUNALE DI LECCE Seconda sezione penale Ordinanza (ex art. 23 legge cost, n. 87/1953). Il giudice, in persona della dott.ssa Silvia Saracino; Visti gli atti del processo a carico di Iasella Anna Rita, nata in Svizzera il 16 giugno 1972, difesa dall'avv. Luigi Rella del Foro di Lecce, nel procedimento n. 3323/2011 R.G.N.R. e n. 1497/2014 R.G.T.; Pronuncia la seguente; Ordinanza 1. - Iasella Anna Rita e' stata tratta a giudizio per il reato di cui all'art. 10-quater del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, in relazione all'ipotesi di cui all'art. 10-bis del medesimo decreto legislativo, perche' nella qualita' di titolare dell'omonima ditta individuale, soggetto tenuto alla dichiarazione annuale in materia di redditi e di IVA, effettuava attivita' di compensazione al sensi dell'art. 17 del decreto legislativo n. 241/1997: a) per l'anno fiscale 2008 utilizzando crediti non spettanti e/o inesistenti per la somma complessiva di euro 60.179,34 (reato commesso in Diso il 30 settembre 2009); b) per l'anno fiscale 2009 utilizzando crediti non spettanti e/o inesistenti per la somma complessiva di euro 66.288,61 (reato commesso in Diso al 30 settembre 2010). 2. - Nel corso del procedimento, introdotto il rito abbreviato, dalla difesa dell'imputata e' stato chiesto, con riferimento ai reati per cui si procede, di sollevare questione di legittimita' costituzionale della norma di cui all'art. 10-quater decreto legislativo n. 74/2000, per violazione dell'art. 3 della Costituzione, sotto il profilo della irragionevolezza della soglia di punibilita' di 50.000,00 euro, ravvisando un ingiustificato e deteriore trattamento rispetto alle piu' gravi ipotesi di cui agli articoli 4 e 5 dello stesso decreto, nella formulazione anteriore al decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito con legge 14 settembre 2011, n. 148. Nel corso della discussione, la difesa dell'imputato ha osservato come tale illegittimita' si manifesti vieppiu' alla luce dalla sentenza n. 80/2014 resa dalla Corte costituzionale all'esito di analoga questione sollevata con riferimento al reato di cui all'art. 10-ter decreto legislativo n. 74/2000 in relazione all'omesso versamento dell'imposta sul valore aggiunto. 2. - Ritiene questo giudice che l'eccezione proposta dalla difesa oltre che rilevante non sia manifestamente infondata. 2.1. - La questione proposta e' rilevante nel processo in corso, in quanto quest'ultimo non puo' essere definito in assenza dalla sua risoluzione, dovendo derivare dalla eventuale dichiarazione di illegittimita' della norma il proscioglimento dell'imputata. Si noti che dalla lettura del capo di imputazione e dagli atti contenuti nei fascicolo del P.M. - pienamente utilizzabili stante la peculiarita' del rito abbreviato - emerge, dal punto di vista oggettivo, il superamento della soglia di penale rilevanza pari ad euro 50.000 prevista dall'art. 10-bis del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 e richiamata, per relationem, dall'art. 10-quater del medesimo decreto, per il quale il delitto in esame prevede la pena da sei mesi a due anni di reclusione. Ed infatti, dalla comunicazione di notizia di reato de 4 marzo 2011 si evince che per il 2008 sono stati utilizzati crediti inesistenti portati a compensazione pari a Euro 60.179,34, mentre per il 2009 sono state effettuate compensazioni per crediti inesistenti pari a Euro 66.288,61. Con esclusivo riferimento al capo a) della rubrica, dalla documentazione contenuta nel fascicolo del P.M. si evince che nel corso del medesimo anno (2008: cfr. pag. 11 e ss. del verbale del 10 marzo 2011) sono state effettuate indebite compensazioni che singolarmente non eccedono la soglia di cinquantamila euro, ma che sommate alle precedenti operazioni illecite hanno determinato il superamento di suddetta soglia nel medesimo periodo di imposta. Si osserva, al riguardo che delitto di cui all'art. 10-quater e' un reato eventualmente abituale (o a condotta plurima eventuale) e che in caso di plurime indebite compensazioni effettuate nel corso del medesimo periodo d'imposta per importi inferiori alla soglia di cinquantamila euro, il reato deve ritenersi integrato (e si tratta di un unico reato) allorquando il soggetto attivo effettui un'indebita compensazione per un importo che - sommato a quelli delle precedenti operazioni illecite - determini il superamento della soglia di punibilita'. Infine, la data dei commessi reati (30 settembre 2009 e 30 settembre 2010) rientra nel periodo per il quale e' stata dichiarata la parziale illegittimita' dell'art. 10-ter citato e per quale si chiede di sollevare analoga questione per la norma di cui all'art. 10-quater. 2.2. - La questione prospettata appare non manifestamente infondata alla luce delle considerazioni che seguono. Con sentenza n. 80/2014 la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 10-ter decreto legislativo n. 74/2000 nella parte in cui, con riferimento ai fatti commessi sino al 17 settembre 2011, punisce l'omesso versamento dell'imposta sul valore aggiunto, dovuta in base alla relativa dichiarazione annuale, per importi non superiori, per ciascun periodo d'imposta, ad euro 103.291,38. Secondo le argomentazioni svolte nella citata sentenza, anteriormente alle modifiche introdotte in virtu' del decreto-legge n. 138/2011, l'art. 5 del decreto legislativo n. 74/2000 richiedeva per la punibillta' dell'omessa dichiarazione (consistente nel fatto di chi al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, non presenta, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte) che l'imposta evasa fosse superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, ad euro 77.468, 53. Pertanto, in tale arco temporale, nel caso in cui l'IVA dovuta dal contribuente si situasse nell'intervallo tra le due soglie (eccedesse cioe' i 50.000,00 euro, ma non i 77.468,53 euro), veniva trattato in modo deteriore chi avesse presentato regolarmente dichiarazione IVA, senza versare l'imposta dovuta in base ad essa, rispetto a chi non avesse presentato la dichiarazione, evadendo del pari l'imposta. Le conseguenze illogiche di tale assetto erano, altresi', riscontrabili con riferimento a quanto previsto per la presentazione di dichiarazione infedele dall'art. 4 del decreto legislativo n. 74 del 2000, la cui punibilita' presupponeva che l'imposta evasa risultasse superiore ad euro 103.291,38. Invero, alla luce del combinato disposto di tali norme, il contribuente avrebbe dovuto rispondere del reato di omesso versamento Iva, stante il superamento della relativa soglia di punibilita', mentre non sarebbe stato attinto da pena, non superando il limite di rilevanza penale, in caso di omessa dichiarazione o di dichiarazione infedele. Secondo quanto chiarito dal giudice delle leggi, la lesione del principio di eguaglianza risultante da tale complessivo sistema sanzionatorio, veniva acuita dal fatto che l'omessa dichiarazione e la dichiarazione infedele costituiscono illeciti incontestabilmente piu' gravi, sul piano dell'attitudine lesiva degli interessi del fisco, rispetto all'omesso versamento IVA. 2.2.1. - I principi esposti dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 80/2014 paiono potersi applicare anche con riferimento all'art. 10-quater del medesimo decreto legislativo, con il quale il legislatore ha inteso punire il contribuente che non versi le somme dovute, utilizzando in compensazione, ai sensi dell'art. 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, crediti non spettanti o inesistenti. Con riferimento alla struttura formale della fattispecie, si evidenzia che l'art. 10-quater, al pari dell'art. 10-ter, non prevede in modo esplicito la misura delle sanzioni ne' la soglia di punibilita' del reato, facendo, invece, mero rinvio alla «disposizione di cui all'art. 10-bis» e ai «limiti ivi previsti», per la determinazione della soglia di punibilita' e del trattamento sanzionatorio. Quanto all'aspetto sostanziale, si osserva che in entrambe le fattispecie di reato, i detentori di somme di spettanza del fisco ne omettono il versamento alla scadenza temporale predeterminata. Nell'ipotesi di cui all'art. 10-ter cio' si verifica dopo che il contribuente ha presentato la dichiarazione annuale specificando quanto dovuto. Nel caso di cui all'art. 10-quater, l'omesso versamento delle somme dovute si realizza in sede di versamento unificato previsto dall'art. 17 del decreto legislativo n. 241/1997 tramite la compilazione e la presentazione del Mod. F24, ove il contribuente indica indebite compensazioni (utilizzando crediti non spettanti o inesistenti) per un importo superiore a cinquantamila euro nell'arco del medesimo periodo d'imposta. Si tratta, quindi, di condotta analoga a quella di colui che, essendo tenuto, ometta il versamento delle somme gia' riscosse a titolo di IVA, pur estrinsecandosi materialmente secondo le modalita' dell'indebita compensazione. Unica sembrerebbe, inoltre, la ratio ravvisabile in entrambe le fattispecie criminose, in quanto il decreto-legge n. 223 del 2006, allo scopo di rafforzare la tutela penalistica della fase della riscossione, ha introdotto nel corpo del decreto legislativo n. 74 del 2000 non solo il delitto di omesso versamento di IVA (art. 10-ter), ma anche quello di indebita compensazione (art. 10-quater), nell'ottica di una «strategia consistente nella focalizzazione dell'intervento repressivo preminentemente sulla fase dell'"autoaccertamento" del debito di imposta, ossia della dichiarazione annuale ai fini delle imposte sui redditi e sul valore aggiunto» (cfr. sentenza della Corte cost. n. 80/2014). Ne consegue che le considerazioni svolte dalla sentenza n. 80/2014 della Corte costituzionale in ordine all'art. 10-ter possono essere svolte con riferimento anche all'art. 10-quater del decreto legislativo n. 74/2000. Si consideri, infatti, che quanto argomentato dalla Corte costituzionale con riferimento alla fattispecie di cui all'art. 10-ter e ai profili di disparita' di trattamento in relazione alle condotte di cui alle disposizioni contenute negli articoli 4 e 5 del medesimo decreto (con riferimento ai fatti commessi sino al 17 settembre 2011) sono pienamente estendibili alla norma di cui si chiede il vaglio di legittimita' costituzionale. Ed invero, pur sottolineando che la condotta incriminata dall'art. 10-quater decreto legislativo n. 74 del 2000 (consistente a ben vedere nella redazione e successivo invio di un Mod. F24 ideologicamente falso in quanto rappresentativo di crediti non spettanti o inesistenti che imputati in compensazione determinano, come effetto negativo dell'azione, il mancato versamento, totale o parziale, delle somme dovute) si risolve in un evidente inganno per l'affidamento riposto dallo Stato nella correttezza del l'autoliquidazione effettuata dal contribuente, la stessa appare sanzionata in maniera piu' rigorosa rispetto alla fattispecie di cui all'art. 4 del medesimo decreto legislativo che punisce la presentazione di una dichiarazione infedele, contenente elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo o elementi passivi fittizi o rispetto alla fattispecie di cui all'art. 5 che punisce l'omessa dichiarazione. Orbene, tanto premesso in diritto, si ritiene che condotte di uguale gravita' debbano essere punite in modo eguale, non essendo ragionevole che in relazione al reato di cui all'art. 10-quater decreto legislativo n. 74/2000 la soglia di punibilita' per i fatti commessi sino al 17 settembre 2011 resti fissata - stante l'espresso riferimento ai limiti previsti dalla disposizione di cui all'art. 10-bis del medesimo decreto legislativo - in euro 50.000,00, in misura, quindi, inferiore a quella stabilita dagli artt. 4 e 5 del medesimo decreto legislativo nella formulazione vigente prima delle modifiche apportate dal decreto-legge n. 138 del 2011 (rispettivamente, euro 103.291,38 ed euro 77.468,53). Ne' puo' ritenersi diversamente, dovendosi osservare come l'intervento della Corte costituzionale sulla disposizione di cui all'art. 10-ter del decreto legislativo n. 74/2000 non abbia chiarito se - trattandosi di disposizioni che rinviano l'una all'altra integrando vicendevolmente precetto penale - anche la fattispecle di cui all'art. 10-quater decreto legislativo debba intendersi modificata nel senso di ritenere che la soglia di rilevanza sia fissata oggi, anche per tale reato, nella somma di euro 103.291,38. Vi sarebbe quindi in questo caso violazione dell'art. 3 della Costituzione, sia con riferimento alle soglie di punibilita' previste dagli artt. 4 e 5 del medesimo decreto legislativo prima della riforma introdotta con decreto-legge n. 138/2011, sia con riferimento a quelle vigenti per l'art.10-ter decreto legislativo cit. in seguito alla pronuncia della Corte costituzionale n. 80/2014. Appare, in definitiva, necessario il vaglio di costituzionalita' della norma oggi in contestazione nell'ipotesi in cui, come nel caso di specie, l'omesso versamento delle somme dovute si realizzi utilizzando in compensazione, ai sensi dell'art. 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, crediti non spettanti o inesistenti, per importi inferiori al limite di rilevanza penale di cui all'art. 4, 5 e 10-ter (nella formulazione derivante dalla sentenza della Corte costituzionale n. 80/2014) decreto legislativo n. 74/2000.